mercoledì 22 dicembre 2010
domenica 14 novembre 2010
pesca nei porti immagini bellissime e favolose per molti appassionati
questo è stato veramente fortunato. Non è facile prendere un polpo dal porto ma tutto è possibile se si è esperti XD.
Molti muninelli questa è una persona che nn si confonde e riesce a controllare la situazione di tutti i muninelli, ma userà un sacco di soldi per le esche.
Un bellissimo sarago....molto bravo nel pescarlo sarà all'incirca 1Kg
Ora vi saluto con un ultima foto strabiliante e arrivederci al prossimo post ciauuuuuuuuuu.
immagini pesca sportiva
bisogna alzarsi molto presto certe volte per andare a pescare...... la cosa piu bella è quando sorge il sole mentre stai pescando.....ma la cosa piu brutta è dormire all'impiedi XD.
Anche se qualche volta la pesca nn da buoni risultati e si torna a casa o a mani vuote o con pochi pesci XD.
vi auguro una buona pesca XDXDXDXD
ci vediamo al prossimo post ciauuuuuuuuuuu se avete immagini da proporre ditemelo
mercoledì 20 ottobre 2010
venerdì 15 ottobre 2010
come pescare il pesce spada
Salve ragazzi appassionati della pesca, oggi parleremo della pesca del pesce spada.
Prima di tutto questa pesca viene praticata dalla barca, dato che il pesce spada si trova a maggiore distanza dalla riva e anche ad una certa profondità.
Vengono usati muninelli molto costosi e resistenti e la canna è in carbonio.
Le lenze utilizzate sono per la maggior parte in acciaio, viene usato codesto materiale perche molto resistente alla trazione.
L'amo utilizzato è il numero 1( il quale è il piu grande amo).
Ora parliamo della pesca e del mercato.
Al mercato troneggia elegante sul banco di marmo del pescivendolo: il pesce spada, il nobile dei pesci. Quarti di esso, tagliati a trance, giacciono tra le teste esposte come trofei, incoronate da un’arma ormai inutile.
Nello stretto lo chiamano il pesce cavaliere, per il rango nobiliare che gli conferisce la luminosa spada e, ancora di più, per il coraggio e la fierezza nella lotta e la fedeltà alla sposa, prima di cadere, nobile combattente, vinto dal ferro dell’uomo.
Il nostro pesce spada appartiene alla famiglia degli “Xifidi”. Il suo nome scientifico è “Xiphies gladius”, dal greco xiphies=spada e dal termine latino “gladius”, aggiunto da Linneo per indicare la specie. E’ pescato nei nostri mari caldi in cui è parecchio diffuso. Velocista e di carattere molto combattente in senso assoluto; molte le affermazioni che lo confermano. Nel periodo della riproduzione, in primavera-estate, si avvicina alle coste. Può raggiungere la lunghezza di quattro-cinque metri e superare i 300 Kg. di peso.
Ha una proprietà morfologica peculiare rappresentata dall’eccessivo sviluppo della mascella superiore, che si prolunga in una spada “rostro”, tagliente ed acuminata, il corpo affusolato e cilindrico e di colore grigio blu scuro sul dorso, mentre la parte ventrale è biancastra.
Spesso, nelle reti, si catturano i piccoli, che in dialetto si chiamano “puddicineddi”, equivalente di pulcinella, per il semplice ma grottesco fatto di assomigliare in tutto e per tutto al pesce adulto.
Diversamente dal tonno, il pesce spada non ha avuto la stessa diffusione commerciale: niente scatole né barattoli; solo in tempi recenti i mercati si sono arricchiti di alcuni prodotti privilegiati, come i tranci di pesce spada affumicati o congelati o le uova preparate in “bottarga” (dall’arabo batarikh) che si presentano, pressate e salate, in “sasizzuni” o “carrubbeddi”, data la somiglianza con le salsicce o con le carrube.
La pesca del pesce spada era una volta privilegio esclusivo della città dello stretto e fu lungamente praticata da popoli come fenici, romani e greci. Utilizzando antichi metodi, riti e tradizioni, al pari della mattanza, i pescatori cantano le loro cantilene in greco; cantano per superstizione, credendo che il pesce potrebbe sfuggire alla cattura qualora i versi fossero cantati in altra lingua.
Si racconta che i pescatori siciliani, per catturare il pesce spada, “gli sussurravano una filastrocca grecale, e in questo modo il pesce rimaneva fermo ed incantato, divenendo facile preda da catturare”.
Durante la dominazione araba furono affinate le tecniche di cattura, adottate per molto tempo, sino ai giorni nostri: si svolgeva con un rituale assai complicato, basato sulla prontezza dei pescatori che utilizzavano un metodo semplice e arcaico: l’arpione, una piccola fiocina a due punte, detta “draffinera“, legata ad una lunghissima sagola, lanciata da una passerella montata a prua di un’agile barchetta da inseguimento denominata “luntri“, dalla forma esile e veloce, dava al pesce infilzato la possibilità di nuotare fino a quando, stremato, si lasciava tirare a bordo.
Prima di tutto questa pesca viene praticata dalla barca, dato che il pesce spada si trova a maggiore distanza dalla riva e anche ad una certa profondità.
Vengono usati muninelli molto costosi e resistenti e la canna è in carbonio.
Le lenze utilizzate sono per la maggior parte in acciaio, viene usato codesto materiale perche molto resistente alla trazione.
L'amo utilizzato è il numero 1( il quale è il piu grande amo).
Ora parliamo della pesca e del mercato.
Al mercato troneggia elegante sul banco di marmo del pescivendolo: il pesce spada, il nobile dei pesci. Quarti di esso, tagliati a trance, giacciono tra le teste esposte come trofei, incoronate da un’arma ormai inutile.
Nello stretto lo chiamano il pesce cavaliere, per il rango nobiliare che gli conferisce la luminosa spada e, ancora di più, per il coraggio e la fierezza nella lotta e la fedeltà alla sposa, prima di cadere, nobile combattente, vinto dal ferro dell’uomo.
Il nostro pesce spada appartiene alla famiglia degli “Xifidi”. Il suo nome scientifico è “Xiphies gladius”, dal greco xiphies=spada e dal termine latino “gladius”, aggiunto da Linneo per indicare la specie. E’ pescato nei nostri mari caldi in cui è parecchio diffuso. Velocista e di carattere molto combattente in senso assoluto; molte le affermazioni che lo confermano. Nel periodo della riproduzione, in primavera-estate, si avvicina alle coste. Può raggiungere la lunghezza di quattro-cinque metri e superare i 300 Kg. di peso.
Ha una proprietà morfologica peculiare rappresentata dall’eccessivo sviluppo della mascella superiore, che si prolunga in una spada “rostro”, tagliente ed acuminata, il corpo affusolato e cilindrico e di colore grigio blu scuro sul dorso, mentre la parte ventrale è biancastra.
Spesso, nelle reti, si catturano i piccoli, che in dialetto si chiamano “puddicineddi”, equivalente di pulcinella, per il semplice ma grottesco fatto di assomigliare in tutto e per tutto al pesce adulto.
Diversamente dal tonno, il pesce spada non ha avuto la stessa diffusione commerciale: niente scatole né barattoli; solo in tempi recenti i mercati si sono arricchiti di alcuni prodotti privilegiati, come i tranci di pesce spada affumicati o congelati o le uova preparate in “bottarga” (dall’arabo batarikh) che si presentano, pressate e salate, in “sasizzuni” o “carrubbeddi”, data la somiglianza con le salsicce o con le carrube.
La pesca del pesce spada era una volta privilegio esclusivo della città dello stretto e fu lungamente praticata da popoli come fenici, romani e greci. Utilizzando antichi metodi, riti e tradizioni, al pari della mattanza, i pescatori cantano le loro cantilene in greco; cantano per superstizione, credendo che il pesce potrebbe sfuggire alla cattura qualora i versi fossero cantati in altra lingua.
Si racconta che i pescatori siciliani, per catturare il pesce spada, “gli sussurravano una filastrocca grecale, e in questo modo il pesce rimaneva fermo ed incantato, divenendo facile preda da catturare”.
Durante la dominazione araba furono affinate le tecniche di cattura, adottate per molto tempo, sino ai giorni nostri: si svolgeva con un rituale assai complicato, basato sulla prontezza dei pescatori che utilizzavano un metodo semplice e arcaico: l’arpione, una piccola fiocina a due punte, detta “draffinera“, legata ad una lunghissima sagola, lanciata da una passerella montata a prua di un’agile barchetta da inseguimento denominata “luntri“, dalla forma esile e veloce, dava al pesce infilzato la possibilità di nuotare fino a quando, stremato, si lasciava tirare a bordo.
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